livelli di GM-CSF
L'infiammazione può essere scatenata anche dal DNA mitocondriale (mtDNA). I fenomeni che portano alla sua fuoriuscita dai mitocondri (le “centrali energetiche” delle cellule) sono principalmente due: lo stress cellulare e la necrosi; tuttavia, diversi studi suggeriscono che possano entrare in gioco anche altri meccanismi, come la necrosi programmata (necroptosi) e il rilascio di mitocondri dalle piastrine nell'ambiente extracellulare.
I livelli plasmatici di mtDNA sono molto variabili da individuo a individuo. Il 20% circa di questa variabilità ha una base genetica; gli altri fattori che possono influenzarla includono:
- mutazioni o farmaci che influenzano il numero di copie di mtDNA all'interno di una cellula;
- meccanismi immunitari che controllano la risposta a stimoli proinfiammatori;
- la tendenza alla morte cellulare programmata, che può aumentare in risposta a infezioni virali croniche comuni nella terza età, come le infezioni da citomegalovirus fra gli abitanti delle regioni meridionali dell'Europa.
Dal punto di vista evolutivo i mitocondri derivano da batteri produttori di energia che sono stati inglobati dagli antenati delle cellule eucariotiche circa 2 miliardi di anni fa. Per questo motivo diverse loro componenti (incluso l'mtDNA libero in circolo nel sangue) stimolano la risposta immunitaria in modo simile a quanto fatto da molecole di origine batterica – ed è per questo che quando viene rilasciato nel citoplasma delle cellule o nell'ambiente extracellulare promuove l'infiammazione.
Livelli elevati di mtDNA circolante sono associati a malattie croniche organo-specifiche e sistemiche. Per esempio, l'mtDNA è più abbondante nei pazienti che convivono con un diabete associato a coronaropatia, e in caso di steatosi epatica associata all'obesità è possibile rilevare la presenza di mitocondri circolanti nel plasma all'interno di microparticelle.
I livelli di mtDNA correlano inoltre con le malattie autoimmuni, per esempio con l'artrite reumatoide, la granulomatosi con poliangite e il lupus eritematoso sistemico (LES). In quest'ultimo caso si sa che un difetto nell'eliminazione dei mitocondri porta all'accumulo di mtDNA ossidato e che la patologia è associata alla presenza di anticorpi anti-mtDNA; le cellule responsabili dei processi infiammatori rilasciano quantità più elevate di mtDNA e formano dei complessi di natura proinfiammatoria.
In generale, l'azione proinfiammatoria dell'mtDNA dipende dalla sua ossidazione; l'ambiente extracellulare tipico della malattie infiammatorie croniche, altamente ossidante, può sopraffare i sistemi antiossidanti, aumentando ulteriormente il suo potenziale infiammatorio. La deregolazione dei meccanismi che controllano l'omeostasi mitocondriale a livello locale contribuisce alla comparsa di patologie organo-specifiche, mentre il rilascio di mtDNA nel circolo sanguigno è alla base di un effetto a livello sistemico. Tuttavia, l'alterazione di meccanismi locali può portare anche conseguenze a più ampio raggio, come il lupus o altre malattie a base autoimmune.
I livelli di mtDNA aumentano gradualmente anche con l'invecchiamento, in particolare dopo i cinquant'anni. Questa associazione non è un semplice effetto collaterale dell'avanzare dell'età:
l'aumento dell'mtDNA plasmatico può contribuire allo sviluppo e al mantenimento dello stato proinfiammatorio tipico dell'inflammaging.
Livelli più elevati di mtDNA nel plasma sono associati a livelli più elevati di citochine proinfiammatorie – in particolare di Tumor Necrosis Factor α e di interleuchina (IL) 6 – ed esperimenti condotti in vitro dimostrano che dopo 16 ore di trattamento alla concentrazione più elevata fra quelle misurate nella popolazione anziana l'mtDNA aumenta la risposta al lipopolisaccaride (l'endotossina batterica) dei monociti prelevati dal sangue periferico. È stato inoltre ipotizzato che il trasferimento intracellulare di mtDNA alterato possa giocare un ruolo nell'Alzheimer. Infine, i livelli di mtDNA sono significativamente più elevati in presenza di diversi tipi di tumori maligni, incluse forme di cancro che colpiscono ovaio, testicolo, prostata, vescica, rene e polmone.
Il DNA mitocondriale si lega a un recettore noto per la sua capacità di rilevare la presenza di DNA di origine batterica e virale, il Toll-Like Receptor 9 (TLR-9). L'attivazione di TLR9 – che è espresso sia dalle cellule dell'immunità sia da altri tipi cellulari, in particolare dalle cellule epiteliali dell'intestino – induce la produzione di citochine e le risposte immunitarie.
Inoltre l'infiammazione mediata dall'mtDNA può dipendere dall'azione dell'inflammasoma e dalla via dei geni stimolatori dell'interferone (STimulator of INterferon Genes, STING). L'attivazione dell'inflammasoma da parte dell'mtDNA richiede un passaggio preliminare di attivazione di TLR e porta alla maturazione delle interleuchine IL-1β e IL-18. Infine, attraverso gli STING l'mtDNA può attivare l'interferone; l'alterazione di questo meccanismo è stato associato a malattie infiammatorie come il LES.
Dato il coinvolgimento dell'infiammazione mediata dall'mtDNA in diverse patologie infiammatorie, e data la possibilità di misurare l'mtDNA e di utilizzarlo come biomarcatore, eseguire un test dei livelli di mtDNA libero circolante permette di classificare singoli individui in base al loro potenziale infiammatorio. Inoltre interferire con l'accumulo di mtDNA rappresenta una possibile strategia per ridurre una pericolosa attivazione del sistema immunitario. Fra i potenziali approcci sono inclusi l'aumento dell'eliminazione dell'mtDNA, la riduzione del suo rilascio, interferire con la risposta cellulare che segue il danno ai mitocondri e ridurre il potenziale infiammatorio dell'mtDNA (per esempio riducendone l'ossidazione).