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Il dosaggio delle beta HCG, che ha confermato la dolce attesa, è solo il primo di una lunga serie di esami che ogni futura mamma esegue per monitorare la gravidanza, il proprio stato di salute e quello del feto. Segue di solito la prima ecografia (che si può programmare già a partire dalla sesta settimana) con la quale è possibile datare con più precisione il concepimento e determinare se la gravidanza è singola o multipla.

Gli esami che una donna in gravidanza esegue durante i 9 mesi di gestazione, tra obbligatori e facoltativi, sono diversi ma, sicuramente, gli esiti che ogni donna aspetta con particolare apprensione sono quelli che indicano la condizione di salute del feto o che ricercano la presenza di alcuni difetti congeniti.

Oggi, l’eventuale presenza di anomalie cromosomiche può essere valutata con esami sempre più precoci e sempre più affidabili e le coppie, nell’affrontare la scelta degli esami da eseguire tra quelli possibili, compiono il primo passo importante nel percorso della genitorialità.

Tra questi esami, in prima battuta, si distinguono tecniche di screening (non invasivi, per identificare la popolazione a rischio come il bi-test, il tri-test o i test sul DNA fetale) e tecniche diagnostiche (invasive e basate su accertamenti eseguiti su materiale fetale come la villocentesi e l’amniocentesi). Se in passato, una gestante si trovava a dover decidere se sottoporsi a un test diagnostico invasivo (ma con tutti i rischi di abortività ad esso collegato) ed un test non invasivo e privo di rischi (ma con una affidabilità nettamente inferiore come il Bi-test o test combinato) oggi ha una ulteriore alternativa: eseguire un test sul DNA fetale prelevato da sangue materno (conosciuti più genericamente come test NIPT, Non Invasive Prenatal Test).

I test NIPT sono diversi e hanno fatto la loro comparsa nello scenario dei test dedicati alla gravidanza da qualche anno ma, assodato che si tratta di test non invasivi e che si basano tutti su un prelievo di sangue materno, quale scegliere? Che grado di affidabilità hanno?

Le donne che non vogliono sottoporsi ai rischi di un test invasivo, che non hanno indicazione a procedere con una villocentesi o amniocentesi o che, per qualche ragione clinica, non possono sottoporvisi, si trovano davanti ad un ventaglio di test su DNA fetale tra i quali spesso fanno molta fatica a scegliere.

Nel 2014 nasce Bioscience Genomics, uno spin-off accademico partecipato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e da Bioscience Institute S.p.A. in collaborazione esclusiva con BGI Europe. Grazie a Bioscience Genomics viene proposto sul mercato italiano il G-Test, un test NIPT eseguito interamente in Italia, altamente affidabile (vanta il più ampio studio clinico mai pubblicato).

Partendo da un normale e semplice prelievo di sangue venoso, il G-Test consente di rilevare non solo le principali trisomie (21 o Sindrome di Down, 18 o Sindrome di Edwards, 13 o Sindrome di Patau), le aneuploidie dei cromosomi sessuali e diverse sindromi da delezione ma permette di eseguire uno screening prenatale non invasivo dell’intero corredo cromosomico.

Il G-Test, garantendo una affidabilità estremamente elevata (proveniente dalla più ampia casistica a livello mondiale con più di 3 milioni di test eseguiti) ha reso possibile l’accesso ad una polizza assicurativa gratuita per ogni gestante che ne faccia richiesta: in caso di mancata rilevazione di alcune aneuploidie è possibile ricevere un indennizzo e, in caso di approfondimento diagnostico, un rimborso spese.

Tutte queste caratteristiche hanno reso il G-Test il test prenatale non invasivo maggiormente richiesto.

Per maggiori approfondimenti, per conoscere i dettagli tecnici e avere maggiori informazioni sul G-Test ti invitiamo a visitare la pagina www.gtest.it

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