L’infiammazione cronica compromette la salute a tal punto da aumentare il rischio di morire in giovane età. A fornire ulteriori prove della sua pericolosità è uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology da un gruppo di ricercatori guidato da esperti della Scuola di Medicina di Harvard, secondo cui dopo un attacco cardiaco la vita di chi convive con una patologia infiammatoria è più a rischio rispetto a quella di chi non ha a che fare con l’infiammazione tutti i giorni.
Malattie cardiovascolari, nemico numero uno
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità nella popolazione Europea. Ipertensione e colesterolo alto sono fra i fattori di rischio più noti; meno spesso, invece, si sa che anche l’infiammazione cronica può mettere il pericolo la salute cardiovascolare. «Uno stato infiammatorio perenne irrita i vasi sanguigni. Può per esempio causare la formazione di trombi, la principale causa di infarti e ictus», spiega Giuseppe Mucci, CEO di Bioscience Institute.
La connessione è tutt’altro che trascurabile. Sempre in Europa, infatti, almeno il 2% della popolazione convive con malattie associate all’infiammazione sistemica, che può avere conseguenze su ben più di un organo. Basta pensare alla più frequente fra queste malattie, la psoriasi, che oltre a colpire la pelle può compromettere anche la salute delle articolazioni. Oppure si potrebbe fare l’esempio del lupus eritematoso sistemico, che come la psoriasi colpisce pelle e articolazioni ma anche reni, globuli rossi, cervello, cuore e polmoni.
A complicare ulteriormente la situazione è la possibilità che l’infiammazione cronica resti asintomatica. È questo il caso dell’infiammazione cronica di basso grado, una condizione tanto diffusa quanto trascurata.
Il nuovo studio
Il nuovo studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology ha analizzato l’associazione tra infiammazione sistemica e mortalità in un gruppo di persone che hanno avuto un infarto prima di compiere 51 anni. Lo stato di salute dei partecipanti è stato monitorato per una media di 11,2 anni e dai dati raccolti è emerso che la probabilità di morire era circa 2 volte superiore in chi conviveva con una malattia infiammatoria.
La ricerca è proseguita confrontando la mortalità fra i partecipanti con malattie infiammatorie e un sottogruppo di pazienti della stessa età, dello stesso sesso e con gli stessi fattori di rischio cardiovascolare (diabete, obesità, fumo, pressione alta e colesterolo alto), ma senza malattie infiammatorie sistemiche. Il rischio di decesso si è confermato più elevato (per la precisione, 2,68 volte più alto) nel primo sottogruppo di partecipanti. «Ciò suggerisce che la ridotta sopravvivenza a lungo termine dei pazienti giovani con malattie infiammatorie colpiti da attacco cardiaco possa essere associata all’infiammazione anziché a una maggiore prevalenza di altri fattori di rischio cardiovascolare», ha spiegato Brittany Weber, primo nome dello studio.
La soluzione nello stile di vita
L’arma più efficace per contrastare l’aumento del rischio è lo stile di vita. «I comportamenti sono incredibilmente importanti», ha sottolineato Weber, elencando sei strategie fondamentali: «mangiare in modo sano, [fare] attività fisica e non fumare, più tenere sotto controllo il colesterolo, la pressione e il diabete».
«Fortunatamente oggi non abbiamo bisogno di aspettare di ricevere la diagnosi di una malattia infiammatoria per accorgerci di correre dei rischi», aggiunge Mucci. «Piuttosto, possiamo stanare l’infiammazione cronica di basso grado anche quando è asintomatica, intercettando questo importante fattore di rischio prima che il nostro stato di salute venga compromesso». È l’approccio proposto da Bioscience Institute, che con CYTOBALANCE, il test per la valutazione dei livelli di citochine proinfiammatorie, smaschera proprio l’infiammazione cronica di basso grado. «Non dobbiamo poi dimenticare che la comparsa delle malattie infiammatorie può essere promossa dall’invecchiamento delle difese immunitarie. Per questo accanto alla misurazione dei livelli di infiammazione è utile valutare l’equilibrio del sistema immunitario con il test dedicato di Bioscience, IMMUNOBALANCE».
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Bibliografia
- Weber B et al. Association of inflammatory disease and long-term outcomes among young adults with myocardial infarction: the Mass General Brigham YOUNG-MI Registry. Eur J Prev Cardiol. 2021 Mar 30;zwaa154. doi: 10.1093/eurjpc/zwaa154