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La Sanità Digitale, o Digital Health, è “un futuro che è già presente”. È questo il messaggio che arriva dall’incontro istituzionale “Digital Health: nuovi scenari per la Medicina Generale e Specialistica”. Durante l’incontro sono emersi non solo i vantaggi per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ma anche i benefici per il paziente derivanti dall’uso delle nuove tecnologie, inclusi screening predittivi che sono già oggi una realtà. Fra gli interventi, anche quello di Giuseppe Mucci, CEO di Bioscience Institute.

Svoltosi lo scorso 16 dicembre presso l’auditorium “Cosimo Piccinno” del Ministero della Salute, a Roma, l’incontro è stato il quarto e ultimo del ciclo “La Sanità che vorrei”, organizzato da Aristea con il contributo non condizionante di Gilead Sciences con GSK e promosso dalle società scientifiche SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio) e SIT (Società Italiana di Telemedicina). Diverse le sessioni che si sono susseguite nel corso della mattinata: “Le istituzioni alla prova della sanità digitale”; “L’esperienza delle aziende che investono in Digital Health”; la tavola rotonda “Le Società Scientifiche tra tecnologia presente e futura. Le sfide della Digital medicine”; “Il bisogno di salute della collettività”; e il talk show “La Telemedicina alla prova degli specialisti. Confronto tra le società scientifiche e i media”. Mucci ha presentato il suo punto di vista nel corso della seconda sessione, nelle vesti di Presidente di Bioscience Institute, azienda che investe proprio in Digital Health.

Dalla mattinata è emerso come “Sanità Digitale” non significhi solo robotica, chirurgia di precisione, medicina personalizzata e intelligenza artificiale, ma anche una rivoluzione nella logistica degli interventi quotidiani, con ripercussioni sulla diagnosi, sulla prognosi e sulla terapia.

Il ruolo della telemedicina

Proprio perché la Sanità Digitale si compone di diversi elementi, per coniugare letteratura scientifica ed esperienza pratica è necessario il contributo di figure professionali di diversa estrazione e con lunga esperienza che, come sottolineato dal professor Antonio Vittorino Gaddi, presidente SIT, svolgono anche «una funzione di collante tra realtà pubbliche e private. In quest’ottica», ha aggiunto Gaddi, «la SIT è già molto attiva: poche settimane fa abbiamo promosso un accordo quadro insieme al Consorzio Interuniversitario CINECA [il più grande centro computazionale italiano, ndr], l’Istituto Nazionale Fisica Nucleare, l’Istituto Superiore di Sanità per far convergere diverse forze sui temi della salute. Inoltre, a marzo 2023, in occasione della International Bologna Consensus Assembly on Telemedicine sarà annunciato un documento unitivo tra medici, imprese e istituzioni per capitalizzare questo impegno».

Spesso è la telemedicina a dare un’interpretazione dei vari elementi che compongono la Digital Health, di cui, però, rappresenta però solo una sfaccettatura, forse l’aspetto più evidente, del meccanismo ampio e complesso che vi è dietro.

Un’accelerazione non sempre uniforme

L’applicazione della tecnologia in ambito sanitario è infatti un processo complesso, fatto di algoritmi, intelligenza artificiale e moderne piattaforme software sottoposte a certificazione di idoneità. Il primo risultato di cui potranno beneficiare sia i clinici, sia i cittadini sarà un rafforzamento della medicina del territorio che inizierà dall’abitazione del paziente, mediante sistemi di monitoraggio, prevenzione e supporto fisico.

L’arrivo della pandemia da nuovo Coronavirus ha dato un’accelerazione a tale processo. Purtroppo, però, l’accelerazione non è sempre stata uniforme e coordinata. Affinché questi strumenti diventino realtà e i fondi del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) siano correttamente investiti, è invece indispensabile una sinergia tra i diversi soggetti coinvolti. Istituzioni nazionali e locali, medicina generale e specialistica, società scientifiche e aziende dovranno collaborare per mettere insieme una cornice normativa, know-how di ultima generazione, conoscenze scientifiche e radicamento sul territorio, cioè tutti gli ingredienti necessari per avviare un processo virtuoso. In particolare, gli sforzi si dovranno concentrare su alcuni ambiti specifici:

  • attività sanitarie a distanza;
  • nuovi sistemi digitali per telemedicina, terapie digitali, teleriabilitazione e medicina personalizzata;
  • nuovi metodi di analisi della complessità dei sistemi biologici;
  • nuovi sistemi digitali per condurre le sperimentazioni cliniche.

Un esempio ben riuscito e replicabile arriva dal Policlinico Tor Vergata. Qui, ha spiegato il professor Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT, «è stata messa a punto una piattaforma in cui vengono inseriti tutti i fattori utili per diminuire la resistenza dei germi [agli antibiotici] e per capire quale fattore abbia provocato l’aumento della resistenza. È un progetto molto ambizioso, ormai la piattaforma è funzionante e potrà dare elementi importanti per capire questo fenomeno e dare strumenti su come combatterlo, offrendo anche ad altre strutture un modello riadattabile».

Una rivoluzione anche per i medici di famiglia

La rivoluzione della Sanità Digitale coinvolge profondamente anche i medici di famiglia. Infatti dal 2024, per non incorrere in sanzioni, i software clinici dovranno essere opportunamente certificati. A stabilirlo è la normativa europea adottata in Italia il 5 agosto 2022, che sarà obbligatorio rispettare dal mese di maggio 2024. Anche per i software ad uso del personale medico si applicherà una certificazione Ce-MDR al pari di qualunque altro dispositivo medico (per esempio, gli elettrocardiografi e le tac). Il livello di complessità non sarà lo stesso: produrre un software MDR, certificarlo secondo la norma e permettergli di evolvere ha un livello di complessità industriale incommensurabile. Nella pratica professionale non sarà però più possibile avvalersi di strumenti che non siano allineati alle indicazioni contenute nella normativa europea, pena sanzioni a carico sia dei produttori di software, sia dei medici utilizzatori.

In particolare, i medici dovranno disporre di un software certificato di classe IIx, che comporta un processo produttivo molto complesso e l’intervento di un ente terzo notificato quale certificatore. «L’evoluzione degli strumenti viene pensata e aggiornata in accordo con le esigenze della comunità scientifica», ha sottolineato Giorgio Moretti, Presidente di Dedalus Group, fornitore di software clinico e diagnostico in Europa. «Con questi strumenti unici al mondo si garantisce a clinici ed infermieri la reale disponibilità della conoscenza medica applicata durante le attività quotidiane, offrendo soluzioni in linea con le nuove normative».

Per rimanere aggiornato sui servizi e sulle iniziative di Bioscience Institute visita il sito www.bioinst.com. Per ulteriori informazioni, non esitare a contattarci direttamente all’indirizzo info@bioinst.com o al Numero Verde 800 690 914: i nostri biologi risponderanno alle tue domande senza alcun impegno da parte tua..

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